MARTA LOCK intervista paola d’antuono

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LE INTERVISTE DI MARTA LOCK: PAOLA D’ANTUONO, L’ECLETTISMO ARTISTICO CHE TROVA LA SUA REALIZZAZIONE NELLA PITTURA

di Sergio Fanti (Il Mondo che C’è – 10 aprile 2022)

Emiliana, dinamica, comunicativa, appassionata del buon vivere e di tutto ciò che rende la vita un viaggio divertente e appassionante, Paola D’Antuono mostra fin da giovane una particolare predilezione per tutti gli ambiti culturali e artistici, come il teatro e la fotografia fino ad arrivare alla pittura, la sua strada, quella che intraprende nel 2003 e che non abbandonerà più. Sensibile e attenta osservatrice della realtà intorno a sé non può non notare il grigio che avvolge le periferie urbane, quei luoghi spesso dimenticati perché ritenuti semplici dormitori lontani dalla vivacità dei centri cittadini, decidendo così di raccontare un mondo più colorato, vivace, dentro cui è bello perdersi proprio in virtù di quel cromatismo appartenente alla sfera interiore ed emozionale e in grado di modificare completamente il punto di vista sui vari aspetti della quotidianità. La morbidezza dell’approccio pittorico della D’Antuono, stilisticamente appartenente all’Espressionismo Astratto, si accompagna all’utilizzo di uno strumento apparentemente più rigido, la spatola, che però grazie alla sua abilità esecutiva riesce a dare un risultato evanescente, quasi sognante tanto quanto le tonalità che predilige. Dunque nel suo caso lo stile diventa non tanto irruento e impulsivo come quello di Jackson Pollock bensì più meditativo, più vicino all’intenzione pittorica di Mark Rothko in virtù della quale riesce a trasportare l’osservatore in un mondo sospeso tra reale e immaginario, in una dimensione in cui il sogno si accompagna alla necessità di rendere la realtà quotidiana più piacevole, meno ombrosa, meno cupa di quanto a uno sguardo distratto possa apparire. Ecco dunque che il compito dell’artista è quello di scendere in profondità, di andare a esplorare quei particolari, quei dettagli, quelle voci confuse nel rumore che costituiscono un universo meraviglioso attraverso cui è possibile vivere con maggiore intensità ogni episodio, ogni giorno apparentemente uguale al precedente e al successivo ma in realtà pieno di tutti quei colori che l’essere umano dimentica a causa della fretta di consumare le ore correndo dietro agli impegni e alle cose da fare. L’invito della D’Antuono è quello di fermarsi ad ascoltare, di andare oltre il visibile per scorgere, oltre la coltre del grigiore, tutta quella gamma cromatica che appartiene all’essenza della realtà e che può essere percepita solo liberando l’emozione, il sentire interiore che funge da collegamento tra oggettività e significato, tra atteggiamento rassegnato alle pieghe del vivere e vivacità positiva che permette di osservare tutto da un punto di vista più sfaccettato, caleidoscopico, travolgente e decisamente più piacevole. La tela Il giardino incantato è infatti metafora di questo tipo di approccio, racconta di un modo fanciullesco di vivere la quotidianità e ciò che appartiene alla natura, intesa come linfa vitale, che può permettere all’individuo di trasformare anche il dettaglio più noioso e scontato in un’avventura piacevole e divertente perché è in fondo tutto ciò di cui ha bisogno l’essere umano, mantenere quel lato bambino attraverso cui meravigliarsi, gioire, entusiasmarsi anche per le piccole cose che il mondo di tutti i giorni offre allo sguardo. In DinamicaMente la gamma cromatica è giocata sui toni del rosa intenso e del fucsia perché è quello il modo in cui la D’Antuono vive la sua vita, con passione emotiva, dunque intesa nel senso più poetico del termine, che le permette di trovare il lato positivo, la capacità di lasciarsi trasportare dalle sensazioni più piacevoli esortando perciò l’osservatore a seguire la medesima direzione, quella strada in grado di fare la differenza tra la piattezza e l’uniformità di una quotidianità a cui spesso soccombe e il prendere invece ogni giorno come quello in cui qualcosa di meraviglioso può accadere, in cui tutto può modificare il suo percorso perché le opportunità possono essere intraviste e raggiunte solo se si sa guardare oltre l’apparente immobilità. Andiamo ora a conoscere meglio questa dinamica artista.

Paola, lei ha cominciato a dipingere nel 2003, ha effettuato studi specifici oppure il suo è stato un istinto, un impulso espressivo che non ha potuto fare a meno di seguire?
Io ho svolto studi umanistici, sono sempre stata appassionata d’arte e di fotografia, ma non ho mai fatto studi specifici o corsi. Il mio è stato un impulso espressivo, ho iniziato col figurativo, ma mi sono accorta subito che la cosa più importante per me, non era il segno in sé, ma il colore. Ho iniziato quindi a sperimentare e a dipingere ciò che mi circondava e mi creava grande disagio, lo skyline delle ceramiche di Sassuolo e Fiorano, i capannoni industriali, che pian piano nelle mie opere si sono trasfigurati grazie a colori vivaci e terapeutici in paesaggi marini, in giardini incantati o paesaggi estivi. Il colore diventa una via di fuga salvifica e l’uso della spatola il mezzo per esprimere le mie emozioni. La mia è una pittura che nasce come una sorta di arteterapia.

La base della sua ricerca pittorica è quella dell’anonimato delle periferie cittadine, un po’ alla maniera della Street Art in cui sono i muri dei palazzi o dei ponti a essere ravvivati; differentemente dai murales lei opera sulla tela, inoltre il suo messaggio non è di denuncia bensì di esortazione. Vuole approfondire le tematiche e raccontare cosa che desidera giunga all’osservatore?
Il mio messaggio è di forte positività e di speranza, penso che con l’arte e la forza del colore, si possa trasformare la realtà anche più grigia in una realtà più umana, dove si può ritrovare l’armonia che abitualmente ci regala la natura non contaminata dalla distruttività dell’uomo.

Nelle sue opere appaiono spesso legacci, cordoni che si intrecciano tra loro attraverso la similitudine e la continuità cromatica pur apparendo come entità distinte le une dalle altre. Ci spiega meglio cosa rappresentano questi intrecci pittorici?
Questa rimane la nota dolente, la forte positività di cui parlavo prima viene mitigata da questi intrecci e legacci sempre presenti nelle mie opere. Nati dalle line perpendicolari del paesaggio industriale, sono rimasti a ricordare che la nostra libertà, anche se supportata dalla via di fuga del colore, non è mai assoluta bensì costretta dentro schemi, condizionamenti che spesso non avvertiamo, ma da cui non è facile liberarsi. E’ un cammino lento di autoconsapevolezza. Accanto alle opere nelle quali rappresento il paesaggio urbano purificato dal colore vi sono altre opere, caratterizzate da linee più sinuose nelle quali è presente l’intento di approfondire la sfera psicologica umana, indagando l’io più intimo e inaccessibile, ed esprimere le pulsioni più profonde che ci caratterizzano e che spesso sono tra loro contrastanti. Un esempio di questo sono le tele Gli abissi dell’anima del 2019 e L’inconscio del 2019.

Lei ha uno stile al contempo lirico, suggestivo, ma anche vivace e trascinante in cui il colore domina su qualsiasi altra realtà, osservata o semplicemente immaginata. Ci sono maestri del passato che l’hanno ispirata o a cui si sente più vicina per intento espressivo?
A ispirarmi sono state la realtà e le emozioni, ho sempre cercato di seguire una mia strada, pur essendo consapevole che nell’arte ormai tutto è stato rappresentato. Sono tuttavia altrettanto consapevole che forme espressive analoghe alle mie sono probabilmente hanno alle base emozioni diverse. Sono vicina, come ha già sottolineato lei, all’Espressionismo Astratto del grande maestro Mark Rothko, ma anche all’Impressionismo che vira all’astrazione dell’ultimo Monet.

Ha all’attivo moltissime mostre collettive, anche di grande rilevanza, e diverse personali, oltre ad avere il privilegio di vedere pubblicate le sue opere sull’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini, sull’Enciclopedia dell’Arte Italiana e sull’Annuario dell’Arte Italiana, tutti del 2021. Ci racconta i suoi prossimi progetti?
A breve, il 23 aprile esporrò in una Mostra di arte contemporanea a Portofino presso il Castello Brown organizzata dal Maco Museum e a Genova presso Satura Arte in concomitanza ad Euroflora. A maggio sono stata seleziona per esporre alla Biennale di Varallo, in provincia di Vercelli, e presso la Galleria Ravenna Art Gallery di Ravenna. In luglio sarò invece a Cosenza al Museo delle arti e dei mestieri MAM, per una retrospettiva sull’arte contemporanea.

Un progetto che ho appena terminato e mi ha dato molta soddisfazione è quello della trasposizione di alcune delle mie opere in foulards, che ho presentato le scorse settimane a Sassuolo, provincia di Modena, in un connubio tra arte e moda.